domenica 28 febbraio 2010

Quando sarò capace di amare


E' "al maschile", ma è di un grande ed è una meraviglia.

Quando sarò capace d'amare, probabilmente non avrò bisogno di assassinare in segreto mio padre né di far l'amore con mia madre in sogno. 
Quando sarò capace d'amare, con la mia donna non avrò nemmeno la prepotenza e la fragilità di un uomo bambino.
Quando sarò capace d'amare, vorrò una donna che ci sia davvero, che non affolli la mia esistenza, ma non mi stia lontana neanche col pensiero.
Vorrò una donna che se io accarezzo una poltrona, un libro o una rosa, lei avrebbe voglia di essere solo quella cosa.
Quando sarò capace d'amare, vorrò una donna che non cambi mai, ma dalle grandi alle piccole cose tutto avrà un senso perché esiste lei. 
Potrò guardare dentro al suo cuore e avvicinarmi al suo mistero non come quando io ragiono, ma come quando respiro.
Quando sarò capace d'amare, farò l'amore come mi viene, senza la smania di dimostrare, senza chiedere mai se siamo stati bene. E nel silenzio delle notti, con gli occhi stanchi e l'animo gioioso, percepire che anche il sonno è vita e non riposo.
Quando sarò capace d'amare, mi piacerebbe un amore che non avesse alcun appuntamento col dovere, un amore senza sensi di colpa, senza alcun rimorso, egoista e naturale come un fiume che fa il suo corso. 
Senza cattive o buone azioni, senza altre strane deviazioni, che se anche il fiume le potesse avere andrebbe sempre al mare.
Così vorrei amare.
da LA MIA GENERAZIONE HA PERSO
Giorgio Gaber

lunedì 8 febbraio 2010

Così, esattamente così...



"Migliaia, milioni di individui lavorano,
producono e risparmiano nonostante
tutto quello che noi possiamo inventare
per molestarli, incepparli, scoraggiarli.
È la vocazione naturale che li spinge;
non soltanto la sete di guadagno.
Il gusto, l’orgoglio di vedere
la propria azienda prosperare,
acquistare credito, ispirare fiducia
a clientele sempre più vaste,
ampliare gli impianti,
costituiscono una molla di  progresso
altrettanto potente che il guadagno.
Se così non fosse,
non si spiegherebbe come ci siano imprenditori
che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali
per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti
di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente
ottenere con altri impieghi".

(L.Einaudi)



E a chi lo puoi gridare che quando hai pagato l'IVA e l'INPS non ti porti più a casa quel che ti serve per vivere? Che fai l'imprenditore, ma che senza l'aiuto di mammà sarebbero ormai 3 anni che non fai una vacanza degna di questo nome? Che passi notti e notti sveglia, chiedendoti dove e come recupererai i soldi a fine mese per pagare gli stipendi dei tuoi? 
E mia madre un paio di settimane fa mi ha detto..."ma se lavori così tanto, come mai non sei ricca?".
Qualcuno glielo spieghi. Qualcuno le spieghi che l'equazione IMPRENDITORE=PRIVILEGIATO BENESTANTE non è più valida da un pezzo. Soprattutto se la tua impresa è nata con te, e non con qualche precedente pezzo di famiglia che ne ha buttato le basi in un altro tempo, in un'altra epoca, in un altro mondo. 
Soprattutto se ti interessa vivere e lavorare bene sì, ma onestamente.
L'ultimo a cui poteva interessare forse è stato davvero Einaudi.



8 febbraio 2010, primo giorno...

Vediamo se troverò la costanza (e l'urgenza...) per far ordine nei pensieri, per raccontarli a me stessa e al "mondo".